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“Aspettando l’ADI”, consigli utili su come gestire questa nuova “quotidianità”

La famiglia è tradizionalmente il “centro” pulsante della nostra società, con dei ruoli ben definiti. All’interno di ogni nucleo esiste una gerarchia che definisce i rapporti reciproci, come quello di genitore e di figlio, ma anche il potere decisionale e soprattutto le responsabilità.

Ovviamente questa “struttura” non rimane fissa nel tempo, con il passare degli anni i figli crescono, diventano adulti, creano un gruppo familiare che si stacca da quello originario fino a che il ruolo genitore-figlio iniziale viene ribaltato. Ad un certo punto saranno i figli a doversi occupare dei genitori stessi nell’età anziana.

Ed è proprio il dover fronteggiare una “disabilità”, che può riguardare l’assistenza ad un genitore anziano o una persona non più autosufficiente, che può diventare motivo di frustrazione. Quelli che sono gli equilibri consueti vengono di colpo rovesciati, ci sono nuove priorità con cui fare i conti, nuove necessità con le quali bisogna confrontarsi.

Fortunatamente oggi è possibile contare sull’aiuto e il sostegno concreto in primis da parte dello Stato, grazie alle leggi ad hoc per ricevere servizi gratuiti e/o supporti economici e/o sgravi fiscali etc.

Una risorsa importante è senza dubbio il servizio ADI, ovvero l’assistenza domiciliare integrata, un programma di cure che racchiude tanti trattamenti multidisciplinari: dall’assistenza medica a quella infermieristica, da quella riabilitativa a quella socio assistenziale.

Questo tipo di assistenza è indicata per persone che non sono più autosufficienti e hanno la necessità di ricevere interventi ripetuti nel tempo per dei bisogni sanitari.

L’ADI non è un servizio standard e uguale per tutti, perché ogni assistito ha patologie diverse e necessita di cure su misura, si deve quindi adattare ai bisogni della persona e della rispettiva famiglia.

Ovviamente questo nuovo “scenario”, questa nuova quotidianità, può essere molto difficile da affrontare da parte della famiglia ma è un percorso che va intrapreso pian piano.

Può capitare, specialmente all’inizio, che i familiari e la persona assistita possano vivere un forte senso di disagio per la presenza degli operatori al proprio domicilio, un vero e proprio senso di invasione.

Il Paziente/famiglia potrebbero avere un timore reverenziale, temendo di procurare disturbo e, quindi, interagiscono solo se espressamente richiesto o se “costretti” dalle circostanze.

Oppure potrebbero riversare nell’operatore la frustrazione e lo stress accumulato nel tempo a causa della situazione di salute.

È importante capire che le figure messe in gioco nell’ADI sono professionisti: si tratta infatti di medici, infermieri, fisioterapisti, logopedisti e psicologi etc. adeguatamente formati.

Con queste premesse sarà di sicuro più facile costruire un rapporto di fiducia con le varie figure che si avvicenderanno nell’assistenza.

L’ascolto attento e reciproco dei bisogni e una buona flessibilità nell’organizzazione degli orari e dei compiti, sono gli elementi fondamentali per una buona cooperazione tra la famiglia e le professionalità coinvolte.

Altro aspetto da non trascurare sono i rapporti esterni al nucleo familiare. In genere le famiglie che si prendono cura di un disabile o un genitore anziano a casa tendono ad avere relazioni sociali sempre più sporadiche.

Gli esperti sottolineano invece quanto sia importante non isolarsi: quanto maggiore è il livello di stress infatti, tanto più è elevato il bisogno di chiedere aiuto e un sostegno esterno.

La cosa fondamentale, in ogni caso, è affrontare questa nuova condizione con spirito di adattamento e di accettazione, accogliendo questa nuova “fase” della vita con positività.

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